L’enciclica Rerum Novarum affronta la cosiddetta “questione sociale” derivante dalle trasformazioni economiche della modernità. In particolare, nella prima parte – intitolata “Il socialismo falso rimedio” – Leone XIII critica duramente la soluzione proposta dal socialismo, che mira all’abolizione della proprietà privata per sostituirla con una gestione collettiva statale dei beni.
Secondo il Papa, tale proposta è contraria alla ragione e alla dignità umana. Il lavoro, afferma, non ha come unico scopo la produzione per altri, ma è mezzo per acquisire beni e migliorare la propria condizione e quella dei propri cari. Privare l’operaio della possibilità di possedere frutti del proprio lavoro significa svilirlo e renderlo schiavo del sistema.
La proprietà privata, quindi, non è solo legittima, ma anche naturale: nasce dal fatto che l’uomo, dotato di ragione, non è come gli altri animali. L’intelligenza lo rende capace di trasformare la realtà attraverso il lavoro, e ciò giustifica il diritto di possedere stabilmente non solo beni di consumo, ma anche beni durevoli.
Leone XIII sottolinea che Dio ha dato la terra a tutta l’umanità, ma questo principio – la destinazione universale dei beni – non è in contrasto con la proprietà privata. Anzi, è proprio attraverso di essa che l’uomo può partecipare attivamente allo sviluppo personale e collettivo.
Infine, il Papa evidenzia come l’uomo, unendo natura e cultura, sia chiamato a far fruttare la creazione non solo per sé, ma anche per gli altri. Non attraverso l’abolizione della proprietà, ma attraverso la condivisione e l’accesso equo ai frutti del lavoro.


