Il capitolo settimo dell’Imitazione di Cristo, intitolato Guardarsi dalle vane speranze e fuggire la superbia, esorta l’anima a riporre ogni fiducia solo in DIO e non negli uomini o nelle proprie capacità. Chi confida nelle creature è insensato, perché ogni bene e ogni dono provengono unicamente dal Signore. L’uomo non deve appoggiarsi al proprio sapere o alla propria forza, ma riconoscere che tutto ciò che possiede è grazia.
Il testo richiama numerosi passi biblici: GESU’ ringrazia il Padre perché rivela le sue verità ai piccoli; San Paolo invita a non stimarsi sapienti da sé, ma a vivere nell’umiltà e nell’amore fraterno. È condannato l’orgoglio in tutte le sue forme: la fiducia nella ricchezza, la vanità della bellezza, l’autocompiacimento per l’intelligenza o per le opere buone, poiché DIO guarda il cuore e non l’apparenza, come ricorda il libro di Samuele.
Chi si pone al di sopra degli altri cade nella superbia, mentre chi si mette all’ultimo posto trova la pace. L’umile vive nella serenità e nella libertà interiore, mentre il superbo è sempre inquieto e tormentato. Per questo, l’autore invita a frequentare persone semplici e devote, che con la loro saggezza aiutano a crescere nella santità.
La vera pace nasce dall’umiltà e dall’ascolto, non dal cercare onori o dall’imporre le proprie idee. Correre di luogo in luogo o cercare la stima altrui non porta serenità: più sicuro è ascoltare e accettare il consiglio degli altri, riconoscendo con docilità la propria limitatezza. La superbia, invece, genera ostinazione e separa da DIO, mentre l’umiltà rende il cuore stabile e pacifico, radicato nella verità e nell’amore divino.


