Proseguiamo con il secondo capitolo: L’umile coscienza di sé. L’uomo, per natura, desidera sapere, ma la vera sapienza comincia con il timore di Dio, come affermano anche i Salmi e il libro dei Proverbi. La conoscenza, senza umiltà e senza timore di Dio, può facilmente trasformarsi in presunzione, come nel caso di Nicodemo che si presenta a GESU’ con un “Noi sappiamo”, ma senza la disposizione del cuore per rinascere dall’alto.
Il testo ci propone una contrapposizione forte: un umile contadino che serve Dio è più gradito di un sapiente orgoglioso e distante dalla verità. Non conta quanta scienza possediamo se ci manca l’amore. San Paolo lo dice chiaramente: “Se anche conoscessi tutti i misteri, ma non avessi la carità, non sono nulla”.
La vera sapienza è quella che ci porta alla salvezza. Non servono lunghi discorsi o dimostrazioni intellettuali, ma una vita buona e una coscienza pura, che danno fiducia in Dio. Chi è davvero saggio non si vanta, non cerca approvazione, anzi riconosce i propri limiti. La maturità spirituale si manifesta nel saper disprezzare se stessi, non nel senso di autodenigrazione, ma come atteggiamento di verità davanti a Dio.
Siamo tutti fragili “vasi di creta” e nulla abbiamo che non abbiamo ricevuto. Per questo non dobbiamo sentirci superiori a nessuno, anche quando vediamo altri cadere. La vera perfezione sta nello stimare gli altri più di noi stessi, consapevoli che il bene che compiamo oggi è puro dono.


