Nel primo capitolo del trattato sul sacerdozio di San Giovanni d’Avila, intitolato Ragion d’essere del sacerdote ministro, l’autore afferma che il sacerdozio è il più grande dono che DIO abbia fatto al suo popolo per la salvezza. È quindi essenziale che i fedeli ne siano consapevoli, per poter ringraziare il Signore e ricevere con frutto il ministero dei sacerdoti.
Uno dei passaggi più forti del testo è la consapevolezza che il sacerdote possiede un potere che supera ogni autorità umana: egli ha potere sulle anime, apre o chiude loro il cielo, e addirittura “maneggia” DIO stesso quando celebra l’Eucaristia. San Giovanni d’Avila richiama le parole di Cristo risorto, che ha affidato agli apostoli il potere di rimettere i peccati, e sottolinea come il sacerdote renda realmente presente il corpo e il sangue di Cristo sull’altare.
Colpisce anche il paragone con gli angeli: pur essendo superiori per natura e già beati nella visione di DIO, gli angeli non possono consacrare. Essi guardano con stupore ciò che accade nelle mani di un semplice uomo, e lodano la bontà divina che si abbassa fino a tanto.
Un’altra immagine efficace è quella del grano: ontologicamente uguale, può diventare semplice pasta o trasformarsi nell’ostia consacrata. Così, tra tutti gli uomini, alcuni sono scelti da DIO per diventare suoi ministri. Non per merito, ma per la sua volontà salvifica, che agisce per il bene di tutti.
Infine, San Giovanni d’Avila invita i fedeli a riconoscere con gioia e gratitudine la presenza dei sacerdoti tra loro, perché essi sono stati scelti per un compito altissimo: servire la salvezza delle anime. Gli angeli stessi lodano DIO per questa dignità concessa agli uomini, e i credenti dovrebbero fare altrettanto.


