Nel primo capitolo del Trattato sul sacerdozio, intitolato “Ragion d’essere del sacerdote ministro”, San Giovanni d’Avila riflette sulla grandezza e dignità del sacerdozio, invitando i laici a non invidiare tale dono. Il sacerdote è presentato come collaboratore diretto di Dio, un uomo che rende presente Cristo sulla terra attraverso il mistero dell’Eucaristia.
Il santo stabilisce un profondo parallelo tra il sacerdote e la Vergine Maria: come Maria ha dato al Verbo di DIO la natura umana, così il sacerdote, mediante la consacrazione, rende presente Cristo nel pane e nel vino. In questo senso, l’Eucaristia è la continuazione del mistero dell’Incarnazione. Betlemme, “casa del pane”, prefigura infatti la presenza reale di GESU’ nell’Eucaristia.
San Giovanni d’Avila arriva a dire che, sotto certi aspetti, il sacerdote supera la dignità della Vergine, perché mentre Maria generò Cristo una sola volta nella carne mortale, il sacerdote lo rende presente ogni giorno nella sua gloria eterna.
Il santo paragona poi il sacerdote a Giosuè, che fermò il sole e la luna: nella Messa, infatti, è DIO stesso che obbedisce alla parola del sacerdote, rendendosi realmente presente nell’ostia consacrata. Questo atto piega le leggi della natura e trasfigura la creazione stessa, mostrando la potenza divina che opera attraverso il ministero sacerdotale. Il sacerdozio, conclude d’Avila, è quindi strumento di salvezza universale, poiché attraverso di esso DIO continua ad agire nel mondo.


