Nella riflessione dedicata a San Carlo Borromeo, l’attenzione si sposta dal mistero dell’Eucaristia a quello del sacerdozio, esaminando tre brevi testi del santo per comprendere l’immagine di sacerdote da lui proposta. Si tratta di una visione ancora attuale, utile sia ai sacerdoti – per un esame della propria condotta – sia ai fedeli, che così imparano che cosa chiedere ai loro pastori.
Il primo punto riguarda il gesto liturgico del bacio dell’altare. San Carlo invita i sacerdoti a compiere questo gesto con profonda intenzione spirituale: baciando l’altare, immagine di Cristo, devono consacrarsi come “altari viventi” e diventare dimora gradita al Signore. Il sacerdote è quindi il primo a doversi offrire totalmente, trasformando la propria vita in un luogo in cui DIO possa abitare.
Il secondo punto definisce ciò che caratterizza la vita sacerdotale: essere presenti in chiesa, pregare, cantare i salmi, studiare, celebrare. Tutto il resto è secondario. Se questo non è radicato nel cuore, tutto appare faticoso: la preghiera diventa prolissa, il coro pesante, la partecipazione alle funzioni un peso. Per San Carlo, la base dell’identità sacerdotale è la dedizione alla preghiera e al culto, fondamento di ogni altro servizio nella comunità.
Il terzo elemento riguarda il “sacrificio di lode”, che non riguarda solo i sacerdoti ma tutti i fedeli. Lodare Dio è un sacrificio perché richiede di dedicare tempo, togliendolo ad altre attività, ma soprattutto perché implica mettere Dio al centro e non sé stessi. La lode spezza la tendenza alla lamentela e costringe a fare spazio a Dio, un atto che per la nostra natura ferita è realmente impegnativo.
Il sacrificio di lode diventa così un esercizio quotidiano di decentramento da sé e di riconsegna della vita a Dio, componente essenziale della spiritualità proposta da San Carlo Borromeo.


