Nella seconda parte della Rerum Novarum, Leone XIII propone una lettura positiva della giustizia, della carità e della povertà come valore, nel tentativo di arginare la diffusione delle teorie socialiste di fine Ottocento. Da queste virtù nasce il tema centrale della fraternità cristiana, un ideale che unisce diritti e doveri alla luce del Vangelo. Il Papa invita a costruire relazioni non basate sul potere, sul possesso o sul profitto economico, ma sull’affetto e sull’amicizia, cioè su quella forma di fraternità che Cristo stesso ha vissuto e insegnato.
Il paragrafo 23 diventa così il luogo in cui Leone XIII descrive la concretezza dell’impegno sociale della Chiesa. Essa non si occupa soltanto della salvezza delle anime, ma anche della vita morale e materiale dei fedeli: desidera che i proletari possano migliorare la propria condizione, crescere nella dignità e sottrarsi a sistemi economici che li schiacciano. Questo avviene anzitutto attraverso l’insegnamento delle virtù, perché i costumi cristiani contribuiscono alla prosperità terrena e attirano la benedizione di DIO.
Il Papa elenca quindi alcuni atteggiamenti fondamentali: moderazione nella ricerca del piacere e dei beni materiali, vita frugale, risparmio, lontananza dai vizi che rovinano anche i patrimoni più grandi. Solo un rapporto equilibrato con le cose permette di evitare egoismi e ingiustizie, e crea le condizioni per una vera fraternità.
Da sempre la Chiesa ha accompagnato questo annuncio con opere concrete di carità, sin dai diaconi dei primi secoli: dare da mangiare agli affamati, vestire chi è nudo, accogliere i pellegrini. L’“eroismo della carità”, come lo chiama Leone XIII, diventa così il modello per i rapporti tra le classi sociali. La fraternità cristiana deve guidare sia chi è povero nel suo riscatto, sia chi è ricco nell’uso giusto e non egoistico dei propri beni, evitando accumulo, cupidigia e ingiustizia.


