L’Imitazione di Cristo composto nel XV secolo, è tradizionalmente attribuito a Tommaso da Kempis, anche se alcuni lo riconducono a Giovanni Gersone. L’opera si articola in quattro libri, scritti in forma dialogica tra il “diletto” e il “discepolo”. Essa racconta un cammino di fede che si fonda sulla mortificazione di sé e si completa nella pratica quotidiana delle virtù cristiane, fino a culminare nell’unione con Cristo attraverso l’amore.
La lettura inizia con il primo capitolo, intitolato L’imitazione di Cristo e il disprezzo di tutte le vanità del mondo. Le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni – “Chi segue me non cammina nelle tenebre” – ci invitano a imitare la sua vita per essere liberati dalla cecità interiore. La vera comprensione del Vangelo nasce dal desiderio sincero di vivere ciò che si legge, non da un sapere astratto. Come dice San Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.”
Il testo denuncia la vanità del mondo: ricchezze, onori e piaceri sono illusori se non conducono a Dio. È stolto chi si preoccupa solo di vivere a lungo, trascurando la qualità spirituale della propria vita. Don Diego commenta: “Molti cercano di aggiungere anni alla vita, ma dovremmo imparare ad aggiungere vita agli anni.”
L’autentica sapienza è tendere al Regno dei Cieli, disprezzando ciò che è passeggero. “Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in più.” È questa la chiave per una vita piena, secondo il cuore di Dio.


